martedì 7 dicembre 2010

Il Re dei matti (1)

C'era una volta, in un villaggio alla periferia del regno di Uhr,
un maniscalco di nome Rokian.

Stanco di vedere le ingiustizie del Re abbattersi sui cittadini inermi,
aveva deciso in cuor suo che se fosse diventato Re avrebbe cambiato le cose...

Un giorno, mentre sistemava la carrozza di un commerciante,
questi gli disse "Ho sentito dire che vuoi diventare il Re di Uhr..."
"Cosa fa? Vuol prendermi in giro?" disse, fermandosi col martello a mezz'aria.
"Dico sul serio... credo che sia un obiettivo onorevole" continuò lo sconosciuto.
"Se è così...con tutte le mie forze, signore! Ma è un sogno impossibile..."
sospirò Rokian, continuando a battere sulle ruote.
"Impossibile per chi non sa come fare..." sussurrò il commerciante.

Passò del tempo, e le parole del commerciante giravano nella testa di Rokian,
come un criceto sulla sua ruota.
Finchè un giorno decise di andare al mercato e si imbattè in un banchetto di rarità orientali:
un telo viola faceva da contorno ad una scatola magica.
Elisir dei sogni impossibili era scritto in caratteri arabeschi.
Il bagatto del banchetto la vendeva a un prezzo esorbitante:
facendo due conti, avrebbe dovuto vendere la sua bottega per poterselo permettere.

Notti insonni, grandi dubbi lo assalivano,
ma alla fine decise di vendere tutto e comprare quella strana scatola.
Perse il rispetto dei suoi parenti e degli abitanti del paese;
qualcuno mise un cartello sulla sua porta "Il Re... dei matti".
ma a lui non importava, ormai ciò che contava era provare
se quanto aveva detto quel tale fosse realmente vero ...

CONTINUA

sabato 6 novembre 2010

L'ovvio volante

Un'automobilista perduto, chiede ad un passante:
"Scusi, signore, mi può dire dove mi trovo?"
"Ma certo!" risponde cortese il passante
"Lei è nella sua macchina!".

Quante volte mi sfugge l'ovvio di ciò che mi circonda...

eppure l'essenziale è sempre lì,
ad aspettare paziente
che mi ricordi di me.
XX - XVI - VIIII

mercoledì 3 novembre 2010

La trappola della mela marcia

Mi sento completo, mi sento realizzato: son caduto nella trappola.


Si chiude un ciclo, raggiungo un risultato e... TAC!
La realizzazione diventa presto una prigione,
che cerca di tener fermo qualcosa che fermo non può essere: la Vita.

Come un ruscello che di fronte ad un muretto forma un laghetto,
così la Vita ristagna, gradualmente, di fronte ad un risultato raggiunto.
E mi adagio sugli allori...

Ogni risultato va superato, perchè, in fin dei conti, il risultato non conta.

E' bello vedere gli alberi di autunno che perdono le foglie.
Bello vedere come la natura si concede ogni anno
allo stesso rito di abbandono del superfluo.

La pienezza dell'estate marcisce,
e dopo il frutto vengono i semi,
dopo i rami vestiti di foglie, le radici nella nuda terra.

Dovrei fare come le piante,
dopo aver realizzato un bel risultato,
lasciar andare i frutti del mio impegno,
far si che ne nascano i semi di un nuovo progetto,
affondando le radici nella consapevolezza del profondo.

In fondo il risultato non conta...conta la Vita.

XXI - XVI - XIII

martedì 5 ottobre 2010

Il buio che illumina la vita

Qualcuno disse che, in un tempo lontano,
dei saggi si misero nella gabbia dei leoni
e iniziarono a fissarli nelle palle degli occhi...

Questo fissare il leone negli occhi
mi ricorda da vicino ciò che ho provato tanti anni fa.

E' una sera di inizio inverno,
sotto le coperte calde della mia cameretta di bambino
fisso il buio della stanza.
E il pensiero della morte mi coglie inatteso.

Sento il peso di un invisibile macigno sopra il mio petto,
di colpo il gelo, il respiro ansioso, la necessità di stringermi dentro di me.
L'occhio della mente vuole distogliersi, ma resta per un attimo lì,
fisso su quel macigno.
Solo un attimo, che sembra infinito.

Quella porta spalancata sulla realtà della vita,
ha lasciato il segno d'un mistero che mi affascina e mi atterrisce.
Un mistero che mi sforzo di contattare ogni giorno.

In quella zona d'ombra e di silenzio
c'è un mondo di paure che mi condizionano la vita,
ma c'è anche un mondo creativo
che può cambiarmela.

L'in-conscio, ciò che non è conosciuto,
è una miniera d'oro.
All'inizio il tunnel buio spaventa,
ma abituati al buio,
si riesce a scorgere la brillantezza
delle pietre preziose che lo rivestono.


XI - I - VII

mercoledì 29 settembre 2010

Passaggio a miglior vita

Chi ha avuto, ha avuto, ha avuto;

Chi ha dato, ha dato, ha dato...

Nel motto popolare c'è una verità che vivo in questi giorni.
Chiudere con un esperienza di lavoro in cui ho dato molto e ho ricevuto molto.
Aprire con un'esperienza di lavoro nuova.

Mentre scrivo é mezzanotte:
tra oggi e domani,
nel momento del passaggio.

Un mio maestro diceva che i momenti di passaggio sono molto importanti.
Nella fase di passaggio dalla veglia al sonno e dal sonno alla veglia
sarebbe importante mantenere una certa attenzione,
una qualità della percezione che possiamo chiamare presenza.

La fase di passaggio chiude un ciclo e ne apre un altro,
ed è propio in questa fase che si concentra una certa energia:
l'energia di ciò che si è concluso e l'energia di ciò che si sta aprendo.

Nel mio caso sento l'importanza di chiudere, completare l'esperienza di lavoro passata,
portar a termine tutte quelle piccole faccende ancora inconcluse,
consegnare gli impegni ordinati nelle mani di chi mi sostituirà.

Questa compiutezza mi permette di chiudere energeticamente con l'esperienza,
raccogliere quanto è maturato e bruciare quanto è marcito,
per avere l'energia necessaria ad aprire la nuova esperienza che si offre.

E se invece di un nuovo lavoro si trattasse di una nuova vita?

XVII - XXI - XIII

domenica 19 settembre 2010

In casa mia ci son gli specchi

Tendenzialmente,
siamo figli dei nostri genitori.
Mostriamo le orme evidenti del loro passaggio sulla nostra infanzia.
Ma facciamo di tutto per non vederle...soprattutto quelle meno piacevoli...

Per quanto riguarda i miei, per esempio,
verso i vent'anni pensavo di essere quanto di più lontano potesse esserci sulla terra.
I miei genitori erano sostanzialmente degli estranei
che avevano avuto la fortuna di condividere la casa con un mezzo genio.

Camminavo con le mie belle fette di salame sugli occhi,
nascondendo gli specchi al mio passaggio,
per non veder riflessa l'immagine dei miei cari genitori.

Oggi li riconosco.
Mi rivedo la poltronaggine, il caos,
quel gusto pieno della critica, e tante altre amenità...

Le ho nascoste per bene, s'intende.
Nelle pieghe delle maschere sociali:
le mostro soprattutto quando si chiude la porta di casa.

Ma portandomi una moglie in casa
(come non averci pensato?)
mi son riempito la casa di specchi...

XIII.III.X

martedì 13 luglio 2010

Il cerchio magico

Mentre girovago su youtube, alla ricerca di qualcosa di interessante
mi "imbatto" in un video di Jodorowsky...

Racconta che ha provato diverse strade spirituali,
da occidente a oriente.
Cos'è che le accomuna tutte?
La necessità di imparare a morire.

Iniziare a morire durante la vita,
per poter rinascere a nuova vita.
"Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo;
se invece muore, produce molto frutto."

Morire vuol dire lasciare andare il superfluo
per dare spazio all'essenziale che è dentro di noi.
Prepararsi quotidinamente a quel grande passaggio che è la morte fisica.

Come se in un grande porto,
indaffarati ad abbellire il molo,
ci dimenticassimo di attrezzare la nave.
Addirittura ci dimenticassimo di avere una nave,
di avere un viaggio da affrontare.

Lì su molo, a lucidar catene
sognamo un nuovo mondo,
ma preferiremmo vederlo dal molo,
come se il nuovo mondo potesse venire verso di noi
e non il contrario.

Quando poi s'alza il vento e arriva il momento di mollare le cime
la nave abbandonata è ormai incagliata nel fondale
inesorabilmente inutile...
finchè ci spostiamo su un altro molo,
nella speranza che stavolta vada meglio.

Ho iniziato a cercare quando, nel buio della mia stanza di bambino,
ho sentito il peso di quel mistero chiamato morte.

Mi rendo conto, dopo anni di ricerca,
che a cercar la vita nuova
si può solo incontrare una nuova morte.

E il cerchio
magicamente
si chiude.

domenica 20 giugno 2010

L'ottava parte due

Un'ottava ascendente passa da una frequenza bassa ad una più elevata:
ho finito di mangiare, mi metto a pulire i piatti e la cucina.

Da una situazione di caos arrivo ad una situazione di ordine.
In altre parole, dal grossolano al sottile.

Gli intervalli, come dicevamo la volta scorsa sono due:
uno poco dopo l'inizio e uno a ridosso della fine.

In un'ottava ascendente il primo intervallo è più o meno questo:
inizio a sistemare...dopo poco mi viene già voglia di lasciar perdere e rimandare a domani mattina (intervallo MI-FA)

poi ingrano e lavare non pesa più, tanto che mi metto pure ad asciugare e rimettere i piatti a posto....finchè arriva il momento di pulire i fornelli...
"beh ho già lavato abbastanza per stasera...e poi i fornelli non sono così necessari, non sono neanche tanto sporchi..." (intervallo SI-DO)

In entrambi i casi se non intervenisse un fattore esterno (il cosiddetto shock), rischio di deviare dalla direzione che mi ero prefisso e rimando magari al giorno dopo (giustificando per benino il tutto con qualche scusa inventata per l'occasione).
Lo shock accidentale può essere per esempio qualcuno che mi osserva.

L'alternativa interessante è fare intervenire un fattore interno, una motivazione autoindotta:
"dai, è poca roba, tra dieci minuti ho finito"

Il primo intervallo è più semplice da colmare, il lavoro è già avviato e sono ad una frequenza bassa, quindi lo sforzo è minore.

Cambia invece il secondo, perchè essendo ad una frequenza più alta, necessita di più energia per colmarlo:
si tratta della famosa ciliegina sulla torta,
l'ultimo tocco dell'artista al quadro,
la tesi per concludere la laurea...

Qua lo shock accidentale o quello autoindotto devono essere più forti, più elevati:
"un ultimo sforzo, così domattina trovo già tutto pulito!"

Qualcuno di voi ci si ritrova?

mercoledì 2 giugno 2010

L'ottava parte uno

Una delle 48 leggi che regolano la nostra vita sulla Terra è la legge del sette o legge dell'ottava.

Una legge conosciuta da alcuni popoli antichi,
che decisero di "fissarla" attraverso la musica creando la scala delle sette note musicali.

Ed è proprio dalla scala musicale che si può comprendere chiaramente come funziona questa legge.

DO RE MI FA SOL LA SI DO

Tra un DO e quello successivo si dice che ci sia un'ottava (otto note).
Un ottava ascendente se salgo di frequenza, un'ottava discendente se scendo.
La frequenza infatti è una caratteristica delle note musicali (e dei suoni in genere).
Tra un DO e quello successivo tale frequenza raddoppia.

Le note che stanno in mezzo sono come i pioli di una scala che permettono di salire o scendere.
La particolarità è che i pioli non sono tutti alla stessa distanza uno dall'altro.

Di solito tra una nota e l'altra si dice che ci sia un "tono" che può essere diviso in due "semitoni" (i famosi bemolle e diesis).
Vi siete mai chiesti come mai tra MI-FA e tra SI-DO invece c'è solo un "semitono"?
Io ho studiato musica e non me lo sono mai chiesto.
Ho dato per scontato che fosse così e basta...

Invece proprio in questo sta la particolarità della legge d'ottava.

mercoledì 26 maggio 2010

Il Transatlantico

Siamo a due.
Dopo Puzza Puzza è arrivato anche Fra-Terno, il secondo gattino.

E il bello è che ho scoperto di essere allergico ai gatti...

Che il mio inconscio mi voglia dire qualcosa? : )

Apro il libro di Medicina Analogica alla voce "allergia ai peli di animali":
"considerato che il pelo animale è morbido, caldo, avvolgente e di natura animalesca, tale allergia può comunicare simbolicamente il coinvolgimento della sfera istintiva-sessuale, componente animalesca dell'uomo."

I miei gatti fan quel che gli pare, senza remore nè menate.
Vivono in rapporto diretto con i loro desideri.
Come un marinaio su una barchetta, con il timone saldamente in mano e le gambe ammollo nell'acqua fresca e limpida.

Sarà per questo che in fondo in fondo li invidio e starnutisco?

A me sembra di essere un mozzo su un transatlantico:
troppo lontano dai comandi e troppo in alto per buttarmi in mare.

Eppure anch'io una volta avevo una barchetta a remi...

martedì 18 maggio 2010

La grande montagna

Da piccolo pensavo che sapere tante cose
sarebbe stato un modo semplice e sicuro per diventare un figo.

Così mi sono messo a divorar libri ed enciclopedie,
nell'attesa che il mio sapere in crescita potesse impressionare qualche ragazza.

La mia ambizione più grande è diventata saper sempre cosa dire,
in qualsiasi situazione.

Questo ha comportato un piccolo svantaggio.
Adesso so cosa dire, ma non so cosa fare,
oppure se so cosa fare...non lo faccio.

Se dovessi cercare dentro di me un'immagine per rappresentarlo,
useri quella del concime.

Il concime si accumula, un po' come il sapere.
Se ne potrebbero fare delle montagne,
ma se poi la terra da coltivare è poca,
si rischia di rimanere immersi nel letame.

E può risultare persino dannoso per la terra stessa.
Il concime va dosato in base alla terra che si ha.
Maggiore è la terra, maggiore il concime che serve.

Il concime non si sparge così com'è,
prima bisogna farlo maturare:
bisogna mischiarlo alla terra e attendere un tempo.

Mischiare il sapere con il fare, col tempo, crea il saper fare.

A quel punto bisogna spargerlo.
Bisogna fare. Essere ciò he si predica.
Altrimenti rimane sempre e soltanto
una gran montagna di merda.

sabato 15 maggio 2010

Puzza puzza

La nostra gattina si chiama Puzza Puzza.
Mentre scrivo sta appollaiata sulle mie gambe e guarda incuriosita lo schermo.

Per quel che ho avuto modo di vedere, Puzza Puzza ha poche necessità:
nutrirsi, dormire e giocare.

Gioca e impara il mondo.
Ha scoperto più cose lei su questa casa in tre giorni che io in quattro anni...

E attraverso il gioco supera le sue paure, i suoi limiti.
La curiosità che la anima la spinge più in là di quello che il suo istinto di conservazione le consiglia.

In fondo basterebbe solo mangiare e dormire, no?
Invece si incastra nei posti più impensati, si aggroviglia nei fili, sfida la legge naturale di gravità...

Non è stupida, non è "incosciente" come si potrebbe dire.
Prima di farlo studia la situazione, con prudenza...ma poi lo fa.

Curiosity kills the cat dicono gli inglesi.
Eppure senza la curiosità e l'azzardo, il gatto sarebbe già morto.
Un morto che cammina.

Un po' come noi, no?

sabato 1 maggio 2010

duemilaeddodici

Che mi posso far mancare un post sul 2012????
Non sia mai!

Lungi dall'elencare le ormai note teorie,
in bilico tra la fine del mondo
e l'inizio di un mondo nuovo,
non nego nè sostengo le evidenze scientifiche o pseudoscientifiche che le sostengono,
dovrei raccogliere maggiori informazioni di quelle che ho,
ma voglio condividere con voi un pensiero.


A volte, nel chiuso della mia stanzetta mentale,
penso che rimarrei deluso se non succedesse niente di sconvolgente,
nessuno tsunami digitale che ci faccia tornare a lavorare la nuda madre Terra.

Mi risparmierebbe tante giustificazioni che mi impediscono di farlo adesso,
di abbandonare il mio stile di vita e ritornare ad una vita più semplice e libera.

Voi che ne pensate?

lunedì 12 aprile 2010

Piantare il senso di colpa

Elzeard Bouffier.

Una vita spesa nella costanza e nella pazienza,
godendo della semplicità della Natura,
con un obiettivo chiaro e sensato:
rendere migliore la Terra che lo ospita.

Tra le tante strade davanti,
ne sceglie una ben ponderata:
piantare alberi.

E' così che anno dopo anno,
seme dopo seme,
ricopre d'alberi un'intera vallata.

Per quanto mi riguarda,
faccio già fatica a lavare i piatti dopo aver cucinato...

Ma provando ad immaginare la vita di questo grande uomo sconosciuto,
ho riflettuto su un atteggiamento, tra i tanti, che mi ostacola nel realizzare i miei sogni:
il senso di colpa.

Il senso di colpa,
questa appendice inutile della mia educazione!
Armato del mio bel senso di colpa
non mi aiuto a risolvere i problemi che mi separano dall'obiettivo,
anzi mi dico che devo scontare la mia dose di tristezza prima di essere degno di risollevarmi.
:(

Se mi liberassi del senso di colpa,
sarei già a metà strada per la soluzione.

Hai voglia di alberi...

martedì 30 marzo 2010

La retromarcia dello stambecco

Stamattina nell'ufficio dell'ASL.
Avete presente quei testa a testa
dove gli stambecchi fanno a gara a chi ce l'ha più dura?

Ad un certo punto della discussione con il direttore sociale
mi sono reso conto che mi stavo sporgendo sul tavolo...
fra un po' la testata gliela tiravo veramente...

Brutta cosa l'orgoglio.
"C'ho ragione io"
grida lo stambecco che c'è in me.
E giù mazzate...

E pensare che basterebbe poco.
Basterebbe solo togliersi per un secondo,
fare un passo indietro.

"Wei Wu Wei"
dicono i cinesi
"la strategia dello sforzo inverso".

L'altro stambecco
burla giù dal dirupo,
e io m'accorgo che c'ho la testa proprio dura...

lunedì 29 marzo 2010

Speranza geometrica

Mentre tornavo dalla corsetta domenicale, ho visto tre aironi.

Volteggiavano sopra casa mia,
le ali aperte, immobili,
disegnando cerchi invisibili nel cielo.

Sullo sfondo, lontano,
delle linee bianche s'incrociavano.
Scie chimiche lasciate dai "nostri" aerei.

Quei segni che ho visto nel cielo mi hanno impressionato.
Da qualche tempo sto pensando che qualcosa cambierà,
ho la sensazione che la razza umana rischi di andare verso un punto di non ritorno.

Non so se sono vere le profezie che riempiono le riviste e i siti internet,
a volte mi sembrano vaneggiamenti di psicopatici...
di sicuro ci stiamo allontanando sempre più dall'ordine naturale
e questo porta conseguenze negative al nostro vivere.

I cerchi degli aironi sono radicalmente diversi dalle linee chimiche degli aerei.
E in qualche modo, che non so spiegare, quei cerchi mi hanno confortato.

C'è ancora una speranza per cambiare.

lunedì 22 marzo 2010

Homo faber fortunae suae?

Guardando al passato e cercando di ritrovare un filo conduttore delle mie azioni mi sono reso conto di questo:
la gran parte delle scelte della mia vita è stata determinata dal caso.

Mi sono raccontato più volte che una scelta l'ho fatta per una particolare ragione,
ma alla fine, messo di fronte alla scelta,
una combinazione di eventi casuali mi ha spinto ad andare da una parte o dall'altra.

Se le condizioni fossero state diverse? Sarebbe andata diversamente.

La scelta dell'università, per esempio. Il modo in cui ho trovato il lavoro. Dove ho "scelto" di vivere.

Privo di una rotta ben definita.
Privo di un timone per tenerla.
Preda dei flutti, insomma.

Poi ci sono alcune scelte (poche ma buone) che risplendono di luce.
Scelte che sento di avere ancorato a qualcosa di molto profondo.
Scelte che al cambiare del vento sono rimaste immutate.

La materia stabile dell'anima diventa centro magnetico per la vita.
Attira esperienze simili, porta a scoprire il proprio destino.
A trovare la chiave per aprire lo scrigno, nascosto in fondo al cuore.

Là dentro spero di trovare altri pezzi
di quel messaggio celeste
che riporta alla memoria il senso
della mia presenza su questa Terra.

giovedì 18 marzo 2010

Il sapore della comunità

Ricordo ancora quando, sui banchi dell’università, ascoltavo gli esimi professori parlare di domanda e offerta, di vincoli di bilancio e di curve di indifferenza.
Nella noia di quei pomeriggi milanesi, assediato dalla sonnolenza del dopo mensa, c’erano alcune immagini che riuscivano a suggestionare maggiormente la mia fantasia: una di queste era il famigerato "paniere di beni".

Il paniere doveva rappresentare un insieme di beni, essenziali o superflui, che l’individuo sceglieva in base alle sue preferenze, al costo sul mercato e ai soldi che aveva in tasca.
Nella mia mente lo immaginavo così: un individuo, senza volto, che teneva in grembo un paniere pieno di ogni ben di Dio; un individuo solo, con il suo bel paniere, in uno spazio vuoto. Un’immagine degna della scienza triste…

Col tempo mi sono reso conto che quell’immagine irreale forse descriveva alcuni aspetti della realtà. Me ne sono accorto non più sui banchi dell’università, ma tra i banchi del supermercato.

In quel tempo di mezzo che separa l’ufficio dalla cena, mi capita talvolta di andare a fare la spesa al supermercato: l’ora del single.
Mentre scorro veloce tra luci pompate e scritte suadenti, io e gli altri compagni di sventura ci trasformiamo, come per magia, nei consumatori senza volto che avevo immaginato anni fa.
C’è una sola differenza: il paniere ha quattro ruote.

La realtà è che potrei andare in giro con un sacchetto di carta in testa, quello coi buchi per gli occhi, e nessuno ci farebbe molto caso: l’importante è presentarsi col carrello pieno e la tesserina pronta.
“Ha la tessera soci?”
“carta o bancomat?”
“buona sera e arrivederci”.

Ho sentito così la necessità di trovare nuovi modi di consumare. E non parlo solo della modalità di produrlo, della qualità del bene: biologico, sano, giusto, locale… parlo anche della modalità di consumarlo. Il solo fatto di aggiungere altre persone all’immagine del consumatore solitario, di condividere quel paniere, aggiunge di per sé un bene, immateriale ma fondamentale: il bene relazionale.

È in quei momenti vitali di condivisione che mi tornano alla mente le parole sagge della nonna: “dove si mangia in due si mangia anche in tre”.

E, aggiungo io, dove si mangia in tre il piatto si può gustare anche di più.
Ha il sapore della relazione.

martedì 16 marzo 2010

La danza della falena

Qualche giorno fa mi son svegliato e c'era la neve.
Penso: niente auto = in ufficio a piedi.

Scopro come è diverso il camminare,
lascia il tempo dell'osservazione e aiuta a calmare la mente.
Spesso penso che sia indifferente usare l'auto,
invece il mezzo influenza il risultato.

La mia mente su un auto è portata alla velocità,
così come di fronte ad un computer.
Una velocità che si rivela spesso superficiale e inconcludente.

Come la danza della falena attorno alla luce.

Mi dico che vorrei un cambiamento,
che questa società è troppo veloce,
vorrei tornare alla natura...

La mente, presa nella morsa dei "grandi vorrei",
si stupisce della potenza dei "piccoli gesti".

domenica 7 febbraio 2010

L'orchestra nel grembo

Da anni mi affascina il potere della musica.

Ho la sensazione profonda che,
quando si raggiunge l'Armonia,
per alcuni istanti si apra un'altra dimensione di vita
in chi esegue e in chi ascolta.

Ci sono degli istanti preziosi
mentre cantiamo insieme durante la preghiera...
l'armonia delle voci che si sposano,
la struttura della vita sembra sciogliersi
diventa liquida e calda
come un grembo materno.

Allora la percezione è un tutt'uno con ciò che viene percepito.

Stasera io e Vale abbiamo visto un film che mi ha ricordato questa sensazione:
"Il Concerto" di Radu Mihaileanu

Vi consiglio di andare a vederlo
e nel frattempo
buon ascolto

domenica 31 gennaio 2010

Nulla avviene per caso

Pasqua 2003
Al termine di una settimana piena di soddisfazioni,
gli occhi aperti su alcuni aspetti peculiari della mia esistenza,
mi arriva un messaggio: "cè una festa a Crema, torni?".
Il vecchio mondo chiama.

Il cuore vorrebbe restare, la testa scalpita per andare,
"troppi cambiamenti richiesti... meglio tornare nella bambagia del vecchio mondo".

Nonostante me lo sconsiglino, decido di prendere la macchina per tornare a casa.

Strada provinciale Paullese, km 69.
Il sonno prende il sopravvento,
le palpebre si arrendono,
le braccia mollano dolcemente la presa.

L'auto attraversa la corsia opposta,
schiva per miracolo un'altra auto
entra nel fosso con un fianco
si ferma a pochi metri da un muretto.

Ambulanza, ospedale, controlli, tutto ok.
Torno a dormire dai miei amici,
torno al punto di partenza,
con il cuore in pace e la testa frastornata.

Solo tempo dopo ho capito cosa voleva dire quell'incidente.

L'inconscio è zeppo di messaggi per me.
Messaggi che riguardano la mia vita, da un punto di vista molto elevato.
Me ne parla di notte, mentre sogno,
e se non ascolto,
me ne parla anche di giorno.

Il suo linguaggo è la metafora,
il suo veicolo è il corpo.

In un momento di disattenzione,
prende il sopravvento:
una caduta, una sbandata, una bruciatura...

Di colpo mi riporta in una dimensione in cui nulla avviene per caso.

lunedì 18 gennaio 2010

E liberaci dal mattone

Vi sarà capitato, almeno una volta nelle vita,
che vi abbiamo offerto una cosa che NON vi piaceva
ma che avete accettato ugualmente.
Così, per "gentilezza".

Oggi a me è successo con un libro:
uno di quei libri da un chilo e due
che stampano le agenzie di statistica,
farcito di tabelle e grafici
e caramellato con elenchi di autori vari.

Neanche se soffrissi di insonnia lo prenderei,
eppure... c'è la gentilezza.
Quale raffinato costume morale!

Lo apprendiamo in tenera età ad opera del magico tridente,
genitori-maestri-preti,
e poi ci si attacca come la carta moschicida.
Fino all'età adulta...

"Grazie, lo leggerò"
con quel sorriso di plastica che neanche Big Jim...
E poi lo infilo direttamente nel bidone della carta.

Ieri una mia cara amica mi ha detto
"bisogna avere il coraggio della verità,
perchè la verità ci rende liberi".

Non solo ci rende liberi, ma anche leggeri!

Niente più oggetti inutili,
niente più conversazioni inutili,
niente più facce di circostanza...
tutta energia sprecata.
Per cosa poi?
Per evitare che mi giudichino male.

"no grazie, tanto non lo leggerei neanche"
che liberazione!
una semplice frase libera dal peso del mattone:
quello di carta stampata
e quello di realtà impostata.

giovedì 14 gennaio 2010

La maggioranza conta, il consenso ascolta

C'è un tema interessante che voglio condividere con voi: la convivenza.
Intesa nelle varie accezioni: una coppia, un gruppo, una comunità, una città, uno Stato...

E quando si parla di convivenza spesso si parla di decisioni da prendere,
ma soprattutto di "come" prenderle.

Dopo anni di scuola e militanza politica
ero profondamente persuaso sulla bellezza delle democrazie moderne,
basate sul metodo della maggioranza.
Recentemtne mi sono imbattuto in esperienze che mi hanno aperto gli occhi su un aspetto
che, a dire il vero, non avevo considerato prima: la maggioranza DIVIDE.

In democrazia ci troviamo spesso di fronte a questa situazione:
la maggioranza mette energia nella scelta vincente,
la minoranza cerca in ogni modo di ostacolarla.

Come un barca con due rematori
che remano in senso opposto:
non fa altro che girare intorno a sè stessa.

Certo, un rematore ha le braccia più forti,
ma la barca continua pur sempre a girare in tondo.
La società è in stallo e le riforme necessarie non decollano.

Su questo argomenti ammetto di aver avuto buoni maestri
che mi hanno insegnato un metodo di convivenza che si usa di rado:
il metodo del consenso.

Il metodo del consenso cerca l'UNIONE,
il consenso di tutti appunto.
Ma per sua natura presuppone uno sforzo, che la maggioranza non richiede:
l'ascolto attivo e la comprensione.
Per questo forse si usa di rado...

Bisogna saper ascoltare le ragioni dell'altro,
senza pregiudizio,
comprenderle, cercando di vedere la scelta dal punto di vista dell'altro.

Allora, e solo allora, si ha la possibilità di arrivare ad una decisione
che trovi il consenso di tutti.

E se la decisione è condivisa da tutti...
quale energia si sprigiona!
Quale gioiosa unità d'intenti!

Il consenso, all'interno della nostra vita,
mette le ali alla speranza di una società più umana
e più vicina allo scopo della nostra presenza su questa Terra.

domenica 10 gennaio 2010

Come un bambino

In giro con mio nipote Matteo.

Entriamo in un piccolo bar affollato,
Matteo sguscia tra le gambe appoggiate al bancone
ed entra nella saletta in fondo.
Lo raggiungo a fatica facendomi spazio.

La scena è:
tutti i tavoli occupati,
un tavolo nel centro,
solo di bambini,
Matteo si siede e si presenta
"Sono Matteo e ho cinque anni".

Io in piedi
forse è meglio andar via
non c'è posto per noi.
Guardo Matteo: è seduto con gli altri bimbi, tranquillo
vabbè dai, magari si libera un posto.

Un coppia si alza,
mi siedo e ordino un succo alla pera e una cioccolata.
Osservo, con una leggera tensione.
I bambini sono un po' freddi con Matteo
sono stupiti della sua presenza
e sembra che non lo vogliano al tavolo.
Forse è meglio se lo faccio stare al tavolo con me.
Guardo Matteo: li osserva, vuole fare amicizia, fa le domande.
ok, magari è solo il primo approccio.

C'è un bambino che lo prende in giro
uno gli ha rubato la sedia,
un'altra lo guarda male.
Lo chiamo e andiamo, sennò poi ci rimane male. Non può essere amico di tutti...
Guardo Matteo: risponde e rilancia, fa le battute, crea alleanze.
Restiamo ancora un po', magari a lui sta bene così...

Dopo pochi minuti si è creata armonia.
I bambini giocano tra loro, Matteo è contento, li chiama per nome.
Siamo fuori, in piazza e stiamo giocando tutti insieme a rincorrerci,
poi facciamo la gara a chi corre più veloce su un piede solo.
Mi sembra di essere tornato bambino...
E non ho più alcun timore
e sento la speranza, l'amore, la gioia...

Come un bambino.
Appunto.