venerdì 27 aprile 2012

Il bambino che è in noi



Ascoltare questa intervista di Michelle Thomasson mi ha emozionato.
Ho avvertito vicinanza ad una persona con cui condivido profondamente un modo di sentire.

E' capitato spesso anche a me, e mi capita talvolta ancora, di cercare il "bambino che è in noi" nelle persone che incontro.
Spesso ne percepisco l'assenza; raramente lo intravedo presente, se non nei bambini stessi, che non hanno ancora perso quella vivacità dello sguardo, quella saggezza nel vivere il presente così com'è, nel vivere con la parte profondo del proprio sè, con la propria essenza.

Per uno strano scherzo del destino, proprio qualche ora fa stavo rileggendo un passo di Frammenti di un insegnamento sconosciuto e mi sono imbattuto in un passo che parla proprio della distinzione tra essenza e personalità:
"Ricorderemo che l'uomo è costituito da due parti: essenza e personalità. L'essenza è 'ciò che è suo'. La personalità è 'ciò che non è suo'. 'Ciò che non è suo' significa ciò che gli è venuto dall'esterno, quello che ha appreso, quello che riflette.
"Il bambino non ha ancora personalità. Egli è ciò che è realmente. Egli è essenza. I suoi desideri, i suoi gusti, ciò che gli piace, che non gli piace esprimono il suo essere così com'è. Ma allorchè interviene ciò che si chiama educazione, la personalità comincia a crescere."

Personalità ed essenza sono necessari l'uno all'altro.
Come il guscio è necessario all'uovo.
 

E ho sentito la tristezza
nel vedere sguardi spenti,
finestre di gusci vuoti,
in cui riesco a volte a sentire
l'eco delle risate dei bambini
che li hanno un tempo abitati.

mercoledì 25 aprile 2012

Voglio vederti danzare



"Lei mi chiede quale sia lo scopo dei movimenti. A ciascuna posizione del corpo corrisponde un certo stato interiore e, d'altro canto, a ciascuno stato interiore corrisponde una certa postura. Un uomo, nella sua vita, ha un certo numero di posture abituali e passa dall'una all'altra senza fermarsi a quelle intermedie." ... "Assumere posizioni nuove e inusuali vi consente di osservarvi all'interno in modo differente dal modo in cui lo fate normalmente in condizioni ordinarie."
G.I. Gurdjieff  - Berlino  - 24 novembre 1921  - Prima Conversazione

Un insegnamento, quello dei movimenti e delle danze sacre di Gurdjieff, trasmessi da maestro ad allievo e giunti fino a noi, per differenti sentieri ma per un unico scopo: risvegliare la coscienza.

Per me che pratico, con alterne vicende, da dieci anni rappresenta una parte importante del percorso di quarta via.

Abituato ad usare la mia parte razionale per comprendere il mondo, di fronte alle danze ho trovato un confine nuovo, una nuova maniera di scoprire i segreti dell'esistenza, attraverso il corpo e non più attraverso i libri.

Come un viandante
che di fronte al mare,
tolte le scarpe impolverate
e posata la bisaccia,
prosegue il cammino
nuotando.

martedì 24 aprile 2012

C'ho la giustifica, Prof !

Al Liceo c'era un lascia passare che apriva tutte le porte, un foglietto che permetteva di arrivare in ritardo o non arrivare affatto alla lezione: la giustifica.

Si mostrava con orgoglio e malcelata contentezza la panacea di tutti i mali.
"Bigazzi, non ti sei presentato a scuola ieri ed eri interrogato" gracchia quella di matematica con le ciglia aggrottate.
"EH, prof, non stavo tanto bene... comunque c'ho la giustifica" e le ciglia, come per incanto, si distendono.

Giustifica, abbreviativo scolastico di giustificazione, deriva dal latino justificare - formato da justusfàcere, dimostrare che una cosa è giusta. Detta così ha un aspetto equo e innoquo.

Secondo il linguaggio consono ad un percorso di quarta via, invece, la giustificazione ha un significato più specifico e ha più a che fare con le mie esperienze liceali: rende giusto ciò che non lo è.


Purtroppo è più diffuso di quello che si pensi, non solo in età adolescenziale ... quella è solo una palestra per applicare la giustificazione nella vita di tutti i giorni.

Come si riconosce una giustificazione?
Basta chiedersi una semplice domanda:
"Mi sto prendendo responsabilità delle mie azioni?"

Se la risposta è "assolutamente no, me ne guardo bene!" allora siamo di fronte all'esempio classico di giustificazione.

La giustificazione nasce come schermo verso l'esterno:
"Maestra, ha iniziato prima lui!"
poi, col passare del tempo e con la pratica assidua, si insinua all'interno della nostra mente e si trasforma in giustificazione verso l'interno:
"Ho smesso di fumare, però in questa situazione una sigaretta ci sta proprio bene... e poi è una sola".

Riconoscere le giustificazioni con cui infarciamo la nostra giornata è un passo importante per rendersi conto di come siamo fatti realmente, di quanta poca responsabilità ci prendiamo delle nostre azioni, di quanta poca volontà c'è in noi.

Riconoscere le giustificazioni ci aiuta a togliere il velo di Maya, l'illusione che creiamo per nascondere chi siamo veramente. Ed è allora che un percorso di crescita reale può avvenire. 

lunedì 23 aprile 2012

Una vita da snooze


Magari ve lo siete detto anche voi: “voglio spostarmi in montagna, stare in mezzo alla natura, respirare aria pulita … un giorno lo farò”. Io di sicuro me lo son detto, e più di una volta. 
Fin da bambino fantasticavo di andare a vivere in mezzo ai boschi dell'Appennino tosco-emiliano, quelle distese di alberi che vedevo dal finestrino appannato durante i nostri spostamenti dalla produttiva pianura padana alla natia toscana, il naso schiacciato sul freddo del vetro, gli occhi rapiti dal mistero di quei panorami, dalle casupole lontane con quegli antichi tetti di pietra arenaria.

Son passati anni, ma sono ancora in pianura padana, a produrre.
Rimando il sogno a un domani che si allontana, come quando rimando la sveglia delle sei, alle sei e dieci, poi alle sei e venti, poi ....
Una vita con la funzione snooze, insomma.

Qualche settimana fa ho ripreso a correre. Sapete la primavera, fa strani scherzi.
Stanco di correre per le vie del mio quartiere, mi sono ricordato che dietro casa c'è un laghetto, generato da una vecchia cava di ghiaia, vicino al fiume Serio.
Ho imboccato la strada sterrata e mi sono messo a correre lungo il sentiero che costeggia il laghetto, da una parte e il fiume dall'altra. 

I primi giorni arrivo fino alla fine del laghetto e torno indietro, giusto in tempo per evitare un arresto cardio-circolatorio.

Poi, col passare dei giorni, il corpo flaccido abituato alla sedia dell'ufficio e alla ginnastica digitale si adatta allo sforzo e decido di proseguire oltre il laghetto, lungo il fiume. Ed è lì che faccio la mia scoperta.

Il sentiero prosegue per qualche centinaio di metri in un boschetto di pioppi, poi supera il cavalcavia della tangenziale e si addentra nella campagna. I rumori delle auto si fanno lontani, mentre prendono posto altri suoni: il passaggio degli uccelli tra i rami, il fluire rassicurante del fiume alla mia destra, il fruscio dell'erba alta sulle gambe, i rametti spezzati sotto i miei piedi.

La scoperta è che ho un bosco dietro casa e neanche lo sapevo.
Ma la scoperta più interessante è che il modo migliore per realizzare i sogni è svegliarsi e iniziare a muoversi.

"Un albero il cui tronco si può a malapena abbracciare
nasce da un minuscolo germoglio.
Una torre alta nove piani
incomincia con un mucchietto di terra.
Un viaggio di mille miglia
ha inizio sotto la pianta dei tuoi piedi."
Lao Tzu

sabato 10 marzo 2012

L'angelo rompicoglioni

"Ciao, posso chiederti una cosa?"

Tuta, borsone sportivo, faccia tosta: sarà mica una ex tossica? Me la sbrigo veloce...
"Scusami sto andando al lavoro..."

"Avrai 30 anni come me, giusto? Quanti anni hai? 31? 32? eh?" ha un forte accento milanese e parla veloce.

"Guarda...scusa... mi stanno aspettando per una riunione, e...."

"Ti ho visto con la faccia tutta preoccupata, ma ce l'avrai un minuto, no? Ascoltami un minuto, ok?" incalza.

"Sono in ritardo, devo proprio andare..." sto iniziando a spazientirmi...

"Vabbè non è che ti cambia la vita un minuto! Ti cambia la vita? eh? Ti cambia la vita?"

E' odiosa come un frullatore impazzito...con dentro i miei maroni...
"No, non mi cambia la vita... ma devo andare..."

"Hai qualcosa contro i drogati?"

Si, digli si, digli si, digli si....
"No, non ho niente contro i drogati, ma non do soldi per strada..."
Questa me la gioco sempre nei momenti di difficoltà.

"Ah questa non l'avevo ancora sentita, bella scusa veramente, cosa ti cambia, comprami un pacchetto di fazzoletti, no?"

Mandala affanculo, mandala affanculo, mandala affanculo...
"Ascolta, lavoro nei servizi sociali e le persone come te le conosco. Non do soldi per strada, punto."

"Eh, ma io faccio parte di un'associazione, ti faccio veder il tesserino, e poi cosa vuol dire, non si può chiedere un aiuto per strada, e cosa cred agrhe ghe tuf far eeeeee mavava sa sa sa ...."

Mi allontano, con uno stato d'animo pessimo, mentre lei continua a parlare nella mia direzione.
Sento l’incazzatura dentro e me la porto dietro fino a sera.
Arrivo a casa sgonfio, come un palloncino dopo una festa di compleanno.

E quando mi domando come mai, mi rendo conto: il problema è che non c’ero.
Ero la preoccupazione di arrivare in ritardo.
Ero l’imbarazzo.
Ero l’incazzatura.
Ero tutta una concatenazione di reazioni meccaniche, pensieri, emozioni, movimenti.

La ragazza ha interrotto un flusso di pensieri e per tutta risposta sono scattati dei meccanismi reattivi.
Senza che io fossi lì.
Anzi, proprio per quello.
Se ci fossi stato non ci sarebbero stati loro.
Il buio scompare, quando arriva la luce.

Ma non è di questo che volevo parlare, volevo parlare di angeli.
Gli “angeli” si manifestano spesso durante la mia giornata.
A volte sono un soffio di brezza, a volte la risata di un bambino …
altre volte son vestiti da rompicoglioni.

Comunque siano, rappresentano sempre un’opportunità per uscire dal flusso meccanico di pensieri ed esserci.

E se ci sono, allora posso accogliere l’angelo come si deve:
come una manifestazione unica e preziosa di questa meravigliosa vita.

martedì 21 febbraio 2012

Come specchio d'acqua accarezzato dal vento

Camminando per un mercato, Banzan colse un dialogo tra un macellaio e un suo cliente.
"Dammi il miglior pezzo di carne che hai" disse il cliente.
"Nella mia bottega tutto è il migliore" ribattè il macellaio "Qui non trovi un pezzo di carne che non sia il migliore".
A queste parole Banzan fu illuminato.
101 storie zen - N. Senzaki e P. Reps



Quando io e Vale abbiamo deciso di sposarci, avrei voluto un matrimonio perfetto.
Per questo lo abbiamo organizzato un anno prima, con calma.
Per questo abbiamo cercato di costruire un programma con le attività che sarebbero piaciute ai nostri invitati, portando attenzione anche ai particolari...
con l'intenzione che tutto fosse perfetto.
Pur sapendo che è impossibile, ho fatto di tutto per governare gli imprevisti.
Ma alla fine, c'è sempre qualcosa che va storto... o per lo meno così sembra.


Così sembra, perchè in realtà non va storto, va diritto... per la sua strada: è la vita.
E la vita ha una concezione peculiare del "diritto".

Avete mai visto un albero diritto?

Non esiste in natura niente che sia diritto, come noi lo intendiamo.
Nonostante questo la Vita è organizzata, segue delle leggi, segue una strada definita.
Rispetto agli alberi siamo noi quelli storti: noi che costruiamo le nostre case tracciando rette e cerchi perfetti; noi che cerchiamo di contenere la Vita dentro tante scatole, fisiche o mentali che siano.

E così, qualche tempo prima del nostro "giorno perfetto",
mi arrivò chiaro il messaggio:
stai tranquillo, tutto è perfetto così com'è.

Certo, è importante essere preparati ma è altrettanto importante essere aperti a ciò che arriva, altrimenti la preparazione diventa una chiusura: impedisce di cogliere la bellezza del reale.

E se si mette a piovere?
E se non riusciamo a fare tutto quello che ci siamo messi in mente di fare?
E se poi .... e se poi ...

Il messaggio è chiaro, ma è una strada in salita: la mente continua meccanicamente a preoccuparsi della perfezione, a cercare il controllo, mentre la cosa più sensata che può fare è semplicemente vivere la realtà, così come viene, di volta in volta, attimo per attimo.

Posso cogliere la perfezione nella macchia di sugo sulla tovaglia pulita, nella nota stonata sotto la doccia, nel sorriso rugoso di mio padre...


Semplicemente increspato,
come specchio d'acqua
accarezzato dal vento.

lunedì 13 febbraio 2012

Dal profondo dello stagno

Ristorante romantico, al tavolino, isolati, una coppia di anziani si tiene la mano.
Stanno festeggiando il loro 60° anniversario.

Dopo aver versato l'ultimo bicchiere di vino per il brindisi finale, il marito le chiede:
“Cara, c’è una cosa che è da tanto tempo che ti vorrei chiedere. Mi ha sempre colpito il fatto che il nostro decimo figlio non assomigli per niente agli altri nove. Voglio rassicurarti che la vita insieme a te è stata un’esperienza stupenda e la tua risposta non potrà in alcun modo modificare questo mio giudizio; ma io debbo sapere, il dubbio mi assilla da molti anni: ha egli un padre differente?”

La moglie china la testa incapace di guardare negli occhi il marito e commossa dal candore del marito, dopo alcuni secondi di pausa, confessa:
“Sì, caro, perdonami. E’ così”.

Il vecchio è profondamente abbattuto, la realtà di quello che la donna ha appena confessato è più forte di quello che si sarebbe aspettato. Con le lacrime agli occhi le chiede:
“Chi? Chi è il padre?”.

Nuovamente l’anziana donna china la testa, non vorrebbe rispondere, non riesce a trovare il coraggio di dire tutta la verità al marito. Ma alla fine, con un filo di voce, esclama:
“Tu…”

Vedo tante coppie intorno a me che hanno costruito le loro relazioni sulla menzogna e sul tradimento. Addirittura, in alcuni casi entrambi sanno tutto, ma preferiscono far finta di non sapere, preferiscono non parlarne per non affrontare la questione, per evitare il conflitto.
Al di là della retorica da oratorio, il pensiero realmente più diffuso è che la menzogna sia più semplice della verità e che eviti i problemi. 
Ma è poi così vero?

Se guardo con attenzione alla mia vita, devo ammettere che la mezogna ha portato un sacco di problemi, di confusione, fuori e dentro di me. Si, perchè continuare a mentire agli altri porta a anche a mentire a se stessi, e viceversa.
Ci ho messo degli anni per districarmi da alcune bugie che mi sono raccontato e alla fine quello che ho ricavato è che dire al verità è più semplice.

Verità è constatazione: ciò che vedo, ciò che sento, ciò che provo. Niente di più, niente di meno.
E' un lavoro duro e costante, questo si, perchè è un lavoro controcorrente: la menzogna è un meccanismo radicato, scatta in automatico.

Ma è anche un lavoro benedetto, perchè aiuta a far emergere il divino che c'è in noi.

Come una bolla d'aria pura
che dal profondo dello stagno
risale l'acqua torbida
e scoppiando
si fonde con il cielo.